Il
gravissimo episodio di violenza che si è registrato
la scorsa Domenica nel campo di Misilmeri è stato
oggetto di riflessione da parte della Presidenza del
Comitato Regionale Sicilia della L.N.D. e mi ha spinto
ad effettuare alcune considerazioni che ritengo utile
sottoporre all’attenzione di tutte le componenti
calcistiche regionali affinché ciascuno di noi,
per la parte di propria competenza, ripensi al proprio
impegno, alle proprie responsabilità, alla concreta
possibilità di produrre uno sforzo congiunto
al fine di ridimensionare i comportamenti devianti di
chi si reca allo stadio solo per produrre violenza.
In effetti l’attuale contesto fa apparire anacronistico
perfino il pensiero di Pietro De Cubertin che riteneva
lo Sport strumento di grande aggregazione per riuscire
ad abbattere le divisioni e diventare la grande sagra
celebrativa della fratellanza fra i popoli. Lo Sport
in generale ed il calcio in particolare, invece, costituiscono
sempre di più un fatto economico tanto che gli
interessi ed il cieco fanatismo hanno distrutto quegli
ideali che lo rendevano importante sotto il profilo
umano e sociale.
Oggi lo Sport è soprattutto lotta di interessi
economici, esaltazione del campanilismo, competizione
esasperante e tutto questo diventa facilmente un incentivo
alla violenza per chi scarica negli stadi i propri istinti
aggressivi e le frustrazioni accumulate durante la settimana.
Sembra quasi che costoro si liberino da ogni scrupolo
morale e dai consueti modi di comportamento sociale
investendo con la violenza tutto ciò che ostacola
la propria passione sportiva: sostenitori della squadra
avversaria, giocatori, arbitro. E’, quindi, avvilente
che si debba considerare una partita di calcio come
un’occasione di delinquenza dove certi atti di
brutalità costituiscono la preoccupante spia
di un disadattamento di alcune fasce della popolazione
e di un imbarbarimento dei costumi civili e dei valori
umani che dovrebbero dominare la nostra società
progressista e del benessere.
Della questione, diventata ormai una vera e propria
piaga sociale, si è occupato perfino il Parlamento
con numerose iniziative legislative che hanno lo scopo
di limitare gli episodi di violenza negli stadi. In
tale contesto ciascuno di noi deve prendere coscienza
delle proprie responsabilità e deve rendersi
conto che soltanto una corretta interpretazione del
proprio ruolo impedirà nel futuro il ripetersi
di fatti che,sia chiaro, non intendo più tollerare.
Non rientra, certamente, nelle mie intenzioni generalizzare
l’ambito di un problema che, sono certo, riguarda
soltanto alcune “fasce delinquenziali” che
intendo marginalizzare ed allontanare definitivamente
dal nostro ambiente.
Per fare questo è necessaria la collaborazione
di tutti: dirigenti, calciatori, allenatori, arbitri,
affinché, come detto, vengano individuati i violenti
e vengano allontanati dalle nostre squadre e dai nostri
campi. Le parole d’ordine sono due: educare ed
applicare rigorosamente le regole.
Si tratta di due concetti fortemente collegati perché
educare significa insegnare il rispetto delle regole.
Le regole sono elemento di libertà, di responsabilità
e di rispetto per gli altri.
Bisogna, altresì, insegnare ai calciatori a guardarsi
dai falsi miti, dai violenti e dagli arroganti, dagli
sportivi che si dopano pur di vincere e da chi non sa
affrontare sacrifici per raggiungere la meta che si
è dato. Noi, lo ribadisco, non vogliamo criminalizzare
nessuno ma, nello stesso tempo, siamo convinti che in
circostanze come quelle sopra descritte, la benevolenza
e la tolleranza non aiutano a risolvere il problema.
E’ necessario, pertanto, ed in tal senso ci orienteremo,
educare allo Sport ma è necessario, altresì,
essere fermi e pretendere una rigorosa e determinata
applicazione delle regole e delle norme della Giustizia
Sportiva, condannare i delinquenti e i violenti affinché
tutti comprendano che il calcio deve tornare ad essere,
oltre che motivo di svago e di divertimento, anche e
soprattutto sinonimo di vita. |