Sabato
10 Aprile 2004 ore18:30 Alimena(Pa)
P.zza Regina Margherita
Alimena
tra storia e tradizioni
Tra le
celebrazioni che ogni anno si perpetuano da tempo immemore, come la festa
in onore della patrona e la processione del Corpus Domini, nessuna coinvolge
e rapisce un'intera popolazione come la rappresentazione dei riti delta
settimana Santa, che si inscena nel nostro piccolo e gradevole paese.
Come da sempre, e sufficiente l’apparire, " deus ex machina ", dell'urna con il Cristo deposto, accompagnato dalla bedda
Matri addulurata e da Santa Maria Maddalena, nostra amata Patrona,
perché si scateni, nell'intimo più recondito di ciascuno
degli astanti, il riproporsi di intense e forti emozioni, causa di nodi
alla gola, suggestioni che per un solo attimo hanno il potere di annientare
rivalità, odi, dissapori, contrasti di sempre, che in una piccola
comunità non sono infrequenti. E' quell' urna luminosa a far piovere
abbondanti benedizioni, quella vara scintillante di saette a
scivolare miracolosamente sopra la folla, ad ondeggiare e brillare sul
quel mare di teste all'imbrunire, come una nave verso la quale ciascuno
di noi, come clandestino dell'anima, naufrago impaurito, cerca sicuro
rifugio; come faro che risplende e ci illumina nel buio della vita, restituendoci
quella fiducia e speranza che spesso svaniscono nell'oscurità delle
angosce quotidiane.
Allora tra quei secolari lamenti, il cui intatto mistero va preservato
e tramandato, tra il ritmare dei tamburi e traccole, la musica mesta ed
il salmodiare, è un'intera popolazione, silenziosa e composta,
che dirige lo sguardo su quella vara di cristallo, dove l’Uomo
si off-re per i peccati dell'umanità e che proprio in quella rappresentazione
dell'Uomo che soffre cerca una ragione alle sofferenze vecchie e nuove,
che oggi, come nel passato, accompagnano 1'esistenza di ogni uomo. E'
proprio al dolore di questo uomo che la gente si paragona; non un Re in
gloria, non un potente, non un Vip fa tremare cosi nel profondo le corde
del nostro cuore, quanto la visione di quell' Uomo adagiato, inerme, cosparso
di ferite, indifeso, muto nel proprio straziante dolore, nel quale ciascuno
di noi riconosce il prototipo delle proprie sofferenze, in cui ogni nostro
dolore si placa ed acquiesce.
E’ stato sempre così, una vibrante emozione, sin da quando
i nostri padri decisero di rappresentare la passione e morte del Cristo.
La rievocazione della casazza che quest'anno si va a riproporre, con encomiabile
impegno e sensibilità di giovani e meno giovani del paese, costituisce
un continuum che si riallaccia alle rappresentazioni che si sono succedute
ciclicamente per tutto il 900.
Ma, come dimostreremo, anche nel corso dell'ottocento ad Alimena si allestivano
queste sacre rappresentazioni, in genere al termine della lunga processione.
Ed e, infatti, proprio grazie ad un documento inedito the siamo riusciti
a far luce sulle origini della Casazza e sui riti della settimana Santa
ad Alimena. Si tratta di una copia della minuta di un supplica, custodita
dall'attuale marchese di Alimena, architetto don Ugo Fatta del Bosco,
che ringrazio per averne consentito la consultazione. Dalla detta supplica
sottoscritta dal clero, dai maggiorenti, dai mastri e da numerosi borgesi
di Alimena e che risale ai primi dell'ottocento, probabilmente indirizzata
al Governatore del marchese del tempo, Governatore che aveva stabile dimora
in Alimena, emerge come la volontà di erigere la chiesa ed il Calvario
sia stata ispirata nell'animo della popolazione ad opera di alcuni padri
venuti in missione in Alimena, a cavallo tra la fine del '700 ed i primi
dell'800 "....la divota Popolazione di questa Comune espone che da
più anni s'eresse dai padri Missionarij un Calvario vicino l’abitato
di questa ed ivi in ogn'anno nel giorno dei Venerdi Santo vi è
commemorato il gran Mistero della Discesa del Comune Redentore, funzione
tenerissima e pia..." .Si allude chiaramente alla rappresentazione
della discesa di Cristo dalla croce, che ininterrottamente ogni anno si
è rappresentata. Il documento conferma, inoltre, un gran concorso
di popolazione anche dai paesi vicini ed il coinvolgimento emotivo di
tutti i presenti già sin dalla sua istituzione "… le
lacrime poi abbondanti che si sono veduti scorrere dagl'occhi de più
induriti ed un pubblico applauso, ha maggiormente avanzato la divozione
dei fedeli..
Dal detto documento emerge ancora un dato singolare, ossia che nel corso
dei primi anni dell'800 la processione aveva principio al mattino per
terminare a sera, mentre dopo la metà dell'800 fu stabilito di
differirla ad ora vespertina. Inoltre solo alla fine della processione
e quindi il Venerdì Santo, si era consolidata l'usanza di "...eseguirsi,
dopo processione, la discesa del Nostro Redentore in commemorazione del
gran Mistero nel giorno del Venerdi Santo, in un luogo detto calvario
vicino lo abitato e ciò in conformità degli anni scorsi...."
.
E quindi appare incontrovertibile che una forma di sacra rappresentazione
della morte di Cristo, oggi da noi denominata Casazza, fu allestita ogni
anno dai nostri Padri al termine della lunga solenne processione e sempre
utilizzando come scenario il luogo detto Calvario. Presumo che solo nel
corso dei primi anni del '900, quando si diffuse il testo del palermitano
Filippo Orioles "Il riscatto di Adamo" stampato nel 1750 e diffuso
a macchia d'olio con una ristampa del 1916, la nostra sacra rappresentazione
assumerà per tutti la denominazione di Casazza. In realtà,
come mi e stato confermato dal prof. Rosario Termotto, valente storico
di Collesano e delle Madonie, è doveroso fare un distinguo fra
il Martorio, che consiste in una rappresentazione fissa sul palcoscenico
( ed e probabilmente quella che veniva inscenata al Calvario dopo la processione
nei primi anni dell'800 ad Alimena, come sopra detto) e la Casazza, intesa
sempre come sacra rappresentazione sulla passione e morte di Cristo, ma
recitata ed itinerante(probabilmente tale trasformazione potrebbe essersi
verificata con la prima rappresentazione dei primi del '900, allorché
si adottò il testo ristampato dell'Orioles " il riscatto di
Adamo" ). Sempre il prof Termotto mi ha riferito di due ipotesi sulla
origine del termine Casazza. La prima lo farebbe derivare da una tradizione
genovese risalente al 1260, ove le Casacce identificavano le case in abbandono,
diremmo noi in gergo locale casalini, che si trovavano sempre accanto
gli oratori e dove si riunivano i flagellanti; poi identificate in oratori
in cui aveva sede una confraternita o compagnia. La seconda ipotesi vorrebbe
l’origine del termine Casazza dalle casacche, ossia le cappe, denominate
in gergo locale, che indossavano i confrati. Nelle Madonie sono documentate,
gia a partire dal '600, rappresentazioni della Casazza ad Isnello. A Collesano,
nel corso del '900, essa fu rappresentata per cinque volte (1905-1949-1975-1980-1985,
con 33 quadri viventi recitati che si ripetono in nove piazze differenti
- R.Termotto). Si auspica che il riproporsi di tale importante rappresentazione
costituisca il principio del recupero totale delle celebrazioni del venerdì
Santo, che possano divenire il fulcro di una riscoperta della memoria,
a cominciare dall'istituzione di una scuola the tramandi alle future generazioni
le parole e le note dei nostri Lamenti, sicuramente la testimonianza più
importante ed originale di tutti i riti del venerdì Santo. E concludo
citando quella frase che la devozione dei portatori delle tre vare fa
declamare in modo accorato e viscerale e che ho sentito, sin dalla mia
primissima infanzia, risuonare con fervente devozione
.....Viva la Misericordia di Ddij..A bedda Matri Addulurata.... Santa
Maria Maddalena...ll ".