LE
QUATTRO TAPPE DELL'OLOCAUSTO:
EMIGRAZIONE, GHETTIZZAZIONE, MASSACRI
CON UNITÀ MOBILI, CAMPI DI STERMINIO.
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1-
"SOLUZIONE EMIGRAZIONE" (1933-1941) |
Inizialmente,
vale a dire sino allo scoppio della guerra, apparentemente l'obiettivo
principale del nazismo e di Hitler consistette nel rendere il Reich judenfrei
vale a dire "libero dagli ebrei". Il sistema prescelto per "ripulire"
la Germania dagli ebrei fu, in questa prima fase, costringerli ad emigrare.
Rendendo loro intollerabili le condizioni di vita attraverso una legislazione
sempre più oppressiva, si cercava di spingerli verso un esodo definitivo
all'estero. Il bilancio di questa fase che va sostanzialmente dal 1933
al 1939, non fu tuttavia coronato da successo. Dei 520.000 ebrei tedeschi
che vivevano in Germania nel 1933, ne rimanevano 350.000 nel 1938. Ma
in quello stesso anno con l'annessione dell'Austria i nazisti si trovarono
a dover "gestire" anche i 190.000 ebrei austriaci. Riuscire
a far emigrare altri 540.000 ebrei apparve impossibile. Ad ogni espansione
della Germania nazista il numero degli ebrei cresceva e le nazioni estere
non furono in grado o non vollero assorbire l'ondata di emigrazione ebraica
proveniente dal Reich. La soluzione "emigrazione" alla vigilia
della guerra appariva sostanzialmente fallita. Nacque allora l'idea di
ampliare il concetto stesso di deportazione trasferendo forzatamente in
un luogo distante gli ebrei tedeschi. Il luogo venne individuato nell'isola
di Madagascar. All'epoca il Madagascar era una colonia francese e per
rendere possibile il piano, occorreva sottoscrivere un accordo diplomatico.
Nonostante i numerosi colloqui non si raggiunse alcun risultato positivo.
Con la sconfitta della Francia questa ipotesi tornò in auge. La
resistenza della Gran Bretagna tuttavia impediva la realizzazione del
progetto. In più nel 1940 la situazione era drammaticamente mutata:
non si trattava più di far emigrare 520.000 ebrei tedeschi, occorreva
sbarazzarsi anche degli ebrei polacchi che assommavano a 2.000.000 di
persone. Nel febbraio 1941 Hitler discusse il problema con il consigliere
del lavoro Ley. Dal diario personale di Gerhard Engel (un ufficiale che
prestava servizio presso il quartier generale del Führer) sappiamo
che Hitler aveva ancora in mente l'idea dell'emigrazione forzata anche
se questa andava presentando sempre maggiori difficoltà a causa
della guerra. Hitler ammise che all'inizio aveva affrontato il problema
pensando soltanto agli ebrei che vivevano nel Reich. Ora l'obiettivo era
diventato più ambizioso: l'influenza ebraica doveva essere eliminata
da tutti i territori sotto il controllo dell'Asse. Hitler a questo punto
sostenne che occorreva riprendere in mano la questione del Madagascar
con i francesi. Martin Bormann chiese come si sarebbe potuto trasportare
così tanti ebrei in un luogo così distante vista la presenza
della flotta inglese. Hitler ribatté che occorreva studiare la
questione e si dichiarò disposto a usare l'intera flotta se necessario
ma non voleva esporre i marinai tedeschi ai siluri inglesi. Ora però
"pensava a ogni cosa, da un punto di vista diverso, e non certo con
maggiore simpatia" [verso gli ebrei]. Hitler pensava cioé
ad altre possibili soluzioni. |
2
- GHETTIZZAZIONE AD ORIENTE
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In
piena guerra il problema si aggravò ulteriormente. L'invasione
del Belgio, dell'Olanda, della Francia, della Danimarca e Norvegia fece
aumentare ulteriormente il numero degli ebrei caduti nelle mani del nazismo.
L'obiettivo prioritario, rendere judenfrei la Germania si allargò
a dismisura: si trattava ora di rendere judenfrei l'intera Europa. La
soluzione non poteva più essere quella di far emigrare gli ebrei
all'estero. Si fece così strada un'altra soluzione: deportare gli
ebrei europei all'Est concentrandoli nei territori polacchi occupati.
In questa operazione di concentramento dovevano essere coinvolti ovviamente
anche gli ebrei polacchi. Creare in Polonia dei grandi ghetti apparve
la soluzione più appropriata. Tuttavia sin dall'inizio ci si scontrava
con un altro pilastro dell'ideologia nazista: lo "spazio vitale"
che la Germania doveva guadagnarsi ad Est. I territori conquistati dovevano
infatti essere destinati ai tedeschi che avrebbero dovuto insediarvisi.
Il concentramento nei ghetti della Polonia non poteva dunque rappresentare
la "soluzione finale" del problema ebraico ma una "soluzione
transitoria" in attesa della fine della guerra dopo la quale si sarebbe
dovuta trovare una soluzione alternativa. |
3 -STERMINIO IN UNIONE SOVIETICA
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Mentre
si affermava la soluzione della "ghettizzazione" la Germania
stava preparando i piani di invasione dell'Unione Sovietica. In prospettiva
l'invasione dei grandi territori dell'Ucraina, della Bielorussia e della
Russia europea aggravava il "problema ebraico". Infatti il numero
degli ebrei che vivevano in Unione Sovietica ammontava a svariati milioni.
La soluzione adottata in Polonia non sembrava praticabile. Si fece strada
un'ipotesi alternativa: eliminare fisicamente gli ebrei dell'Unione Sovietica
con nuclei di sterminio mobili appositamente creati. Nel marzo 1941 Hitler
affermò che "l'intellighenzia giudeo-bolscevica in Unione
sovietica doveva essere eliminata" ma questo era un compito difficile
che non poteva essere affidato all'esercito. In una direttiva dell'esercito
del 13 marzo 1941 si informavano i comandanti militari che Hitler aveva
incaricato Himmler di certi compiti speciali nelle zone operative dell'esercito.
Himmler avrebbe agito di autorità propria e sotto la sua personale
responsabilità. Di fatto questi compiti consistevano nel massacro
degli ebrei sovietici ad opera dei cosiddetti "Einsatzgruppen".
Il 22 giugno 1941 la Germania invadeva l'Unione Sovietica. Nei territori
che con estrema velocità le armate tedesche stavano occupando vivevano
4.000.000 di ebrei. All'avanzare delle truppe tedesche, alle loro spalle,
gli Einsatzgruppen iniziarono un sistematico massacro che - secondo le
valutazioni degli storici - provocò oltre 1.500.000 morti. |
4 - «SOLUZIONE FINALE» |
La
soluzione di sterminare sul posto gli ebrei rappresentò un "salto
di qualità" nel progetto di eliminare il giudaismo europeo.
Per la prima volta si teorizzava e applicava nel concreto un piano di
eliminazione fisica. Tuttavia il sistema di sterminare gli ebrei laddove
vivevano non poteva essere adottato al di fuori dell'Unione Sovietica.
Lo sterminio degli ebrei occidentali non poteva essere attuato con mezzi
così brutali ed evidenti. Non si potevano assassinare in massa
gli ebrei olandesi, francesi, greci alla luce del sole. Le fucilazioni
compiute ad Oriente erano inimmaginabili ad Occidente. Occorreva studiare
un altro metodo. Ed è di fronte a questi problemi che si fece strada
la "soluzione finale". Vi erano state diverse esperienze di
sterminio negli anni precedenti che concorsero ad ideare la soluzione
finale: il programma di eutanasia aveva formato un nucleo di specialisti
che aveva ideato le uccisioni con i gas; la deportazione in Polonia degli
ebrei del Reich aveva fornito degli "insegnamenti" sulle tecniche
di deportazione; il concentramento in ghetti aveva messo in grado le possibilità
della macchina dello sterminio. Con un bagaglio di esperienza così
ampio si fece definitivamente strada la soluzione finale cioe' l'annientamento
fisico degli ebrei in campi di concentramento predisposti a Oriente. La
teorizzazione di questa soluzione finale venne affidata ad Himmler e ad
Heydrich. Lo spartiacque storico venne marcato dalla cosiddetta Conferenza
del Wannsee, una riunione nella quale si iniziarono a coordinare tutti
gli enti interessati al buon esito della soluzione finale. All'inizio
del 1942 la "soluzione finale del problema ebraico" era stata
varata. |
Link utili: http://www.olokaustos.org/; http://www.deportati.it |
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